Night Shift 11

 

PERSONA DI INTERESSE

 

Di

Igor Della Libera.

 

 

 

 

 

Otto mesi prima degli eventi raccontati negli ultimi episodi.

 

Ryker’s Island. New York.

 

Peter Petruski aspettava di essere ricevuto dal direttore. Stava nel corridoio fuori dal suo ufficio e guardava l’agente penitenziario che pochi metri più in là parlava al telefono con la fidanzata. La sua voce gli arrivava distante, sbatteva contro i suoi pensieri. Si chiedeva perché fosse stato convocato? . Forse la sua domanda di trasferimento era stata accettata?

Il viso teso, invecchiato dallo stare in cella, si rifletteva sul vetro della finestra. Oltre c'erano delle sbarre e più in là si intravedeva un tentacolo di terra dell'isola. Lo sguardo poteva arrivare fino al mare che sbatteva con furia sulle coste. Non lo aveva mai visto calmo. Era come se la stessa natura non volesse dare tregua agli ospiti del Penitenziario.

Peter fissava l'arma nella fondina dell'agente. Poteva prendergliela, tenerlo in ostaggio. Andarsene di lì. Ovviamente il pensiero non si tramutò mai in azione. Cercava di immaginarsi come un vero criminale, ma la verità era che senza i suoi trucchi valeva meno di zero. E anche con quelli non aveva ottenuto che fallimenti e sconfitte.

Aveva il triste primato di aver affrontato e perso con quasi tutti i super eroi. Nelle notti più lunghe in cella se li immaginava: Devil, l'Uomo Ragno e I Fantastici Quattro tutti intorno alla sua branda che lo prendevano in giro, ricordandogli i bei momenti passati assieme. La porta dell'ufficio finalmente si aprì ed uscì l'ometto che dirigeva la prigione . Nonostante il fisico tozzo aveva un che di fiero negli occhi. L'impresa di governare una prigione con un alto tasso di super criminali poteva far tremare i polsi a chiunque. Non a lui però.

-Peter accomodati- disse con un tono stranamente conciliante.

L'agente chiuse la porta alle sue spalle. Rimase in piedi vicino agli scaffali ingombri di libri, mentre Peter si sedeva. Il direttore gli mise davanti una scatola di sigari.

-Se vuoi prendine uno.

-Non fumo.

-Immagino che sarai curioso di sapere perché ti ho convocato qui.

-Mi sono sempre comportato bene.

-Lo so, per questo sei qui.- digitò un codice su una pulsantiera che Peter non poteva vedere perché nascosta dalla scrivania. Ci fu un rumore sordo, un sibilo e il mogano si aprì lasciando uscire uno schermo ultrapiatto.

-Ti sarai reso conto come negli ultimi tempi la prigione abbia raggiunto un numero sempre più considerevole di detenuti. Troppo considerevole. Ci siamo posti quindi il problema di come sfoltire le fila anche alla luce della recente aggressione ai danni di Occhio Di Falco

Sembrava che quell'ultima frase fosse diretta a lui come se il direttore sapesse che aveva fornito a Tagliagole una delle armi trovate in suo possesso. (1). D'altronde lui era l'ultimo della catena alimentare carceraria e anche l'ultimo su cui potevano gravare certi sospetti. Essere un perdente di professioni certe volte poteva tornare utile. Trangugiò il pensiero come fosse una medicina cattiva e continuò ad ascoltare il direttore.

-Questo che vedi è un computer particolare come lo è il suo programma. Il suo cervello sintetico ci è venuto in aiuto e dopo un'attenta analisi di tutti gli ospiti dell’ala speciale della prigione ha redatto una lista di quelli che possono essere liberati prima del tempo senza ulteriore danno per la società. In cima alla lista c'è il tuo nome.- indicò lo schermo dove stavano comparendo i nominativi.

-Non so se essere contento o offeso- grugnì Peter.

-Dovresti essere contento, stai per lasciare questa roccia. Secondo il computer e non posso che essere d'accordo c'è solo un uno per cento di possibilità che tu, uscito di qui, riprenda la tua carriera criminale.

All'agente dietro di lui scappò una risatina, ma fulminato dal direttore riprese subito la sua compostezza. Peter era abituato ad ingoiare bocconi amari. Non bastavano quelli che aveva digerito fino a quel momento da quando, dopo la sconfitta per mano di quel dannato arciere vestito di viola, era ritornato sull'isola per la quindicesima volta, gli toccava essere deriso anche da una macchina.

-Se vuoi ti leggo il verdetto, ma so che stai seguendo dei corsi di autostima quindi non la intaccherò ulteriormente. Se non l'hai capito Peter sei libero. L'agente Wilfred ti accompagnerà a svuotare la tua cella, a prendere le tue cose e infine ti scorterà fino al traghetto diretto a New York.- tese la mano per stringergliela – spero vivamente di non doverti più rivedere.

-Il desiderio è reciproco. Non posso certo dire che questo “albergo” mi mancherà.

Il direttore prese uno dei sigari e se lo accese. Impestò subito di fumo la stanza. Peter fu scortato di nuovo nel corridoio e poi camminò per l'ultima volta nel braccio D.

L'agente rimase davanti alla cella mentre Peter raccoglieva le audiocassette del corso di autostima e le sue altre poche cose in uno scatolone gentilmente offerto dalla prigione. In un'altra zona presidiata da due agenti gli consegnarono i vestiti con cui era arrivato oltre al suo costume.

L'attrezzatura con le trappole e le pistole spara colla non gli sarebbero stare restituite.

A Peter non mancavano e lasciò lì anche il costume. Quel dannato pezzo di stoffa rinforzata era fatto di brutti ricordi.

L'agente lo salutò, mentre un vento gelido spazzava le rocce e il porticciolo in acciaio dove approdavano i traghetti di collegamento tra Ryker’s e New York. Peter salì sulla barca trovandosi addosso lo sguardo e i sorrisini degli agenti di polizia penitenziaria. Partì guardando l'isola prigione fino a quando il traghetto fu abbastanza lontano perché la roccia e la struttura tetra del carcere apparissero come una macchia indistinta.

Era strano, ma allontanandosi dall'isola il cielo stesso si fece più sereno e qualche spicchio di sole illuminò il suo viso. Strinse le dita a pugno ferito dai commenti, non certo a bassa voce, degli agenti.

-Tu sei troppo giovane, ma ti assicuro che quel tipo lì è Pete L'uomo colla.

-Bel nome.

-Adatto per qualcuno che andava in giro con delle pistole che sparavano colla. La cosa incredibile è che credeva di poter battere i Fantastici Quattro. Mi hanno raccontato che una volta per staccarlo dalla sua stessa colla ci hanno messo quasi mezza giornata.

Pete voleva replicare che le ore dei poliziotti, armati di spatole e raschietti, erano state solo sei, ma questo andava contro alle lezioni di autostima. Non era sicuro che funzionassero come prometteva la confezione. Non si era affatto sentito molto meglio. L'idea di tornare nel mondo civile lo spaventava più di quella di rimanere in carcere. Cosa avrebbe fatto? L'unica certezza e che all'approdo al porto dell' Hudson non ci sarebbe stato nessuno ad aspettarlo.

 

***

 

Appena messo piede a terra cominciò a piovere con forza. Non aveva un ombrello e così si mise a camminare. Tra le braccia lo scatolone era ormai zuppo e il cartone si stava sfaldando. Lo lasciò in angolo della banchina e continuò verso la strada dei docks.

Doveva cercare un riparo. Avrebbe sfruttato i suoi pochi soldi per trovarne uno. Conosceva un motel che non faceva troppe storie se il cliente era anche un ex detenuto. Prima però si sarebbe infilato in uno dei magazzini aperti e avrebbe aspettato che la pioggia passasse. L'acqua scendeva con grande violenza e Peter si mise a correre verso uno degli edifici bassi e quadrati, ma prima che potesse raggiungerlo una grossa macchina gli tagliò la strada e si fermò a pochi passi da lui. Le gomme per la frenata avevano schizzato in aria l'acqua che si era raccolta nelle pozze. Peter aveva gli occhi bagnati e la pioggia velava tutto, sentì però il rumore di una delle portiere dell'auto e poi una voce di donna che lo invitava a salire. Agì d'istinto e si infilò dentro senza pensare alle possibili conseguenze. La portiera si richiuse e la macchina partì. Dall'interno capì che era una limo come quelle che usano per scarrozzare i V.I.P.

Dietro era molto spaziosa e accessoriata. Non mancava nulla dallo champagne a due ragazze, una mora e una bionda, vestite in modo leggero che lo guardavano dai sedili di fronte al suo. In mezzo c'era un tavolinetto con degli stuzzichini.

Si pulì gli occhi per vedere meglio le sirene che lo avevano attirato in quel mondo meraviglioso. Quella che aveva parlato si era mossa per togliergli la giacca bagnata. Mentre lo faceva il rumore di un tappo che saltava gli esplose nel cervello. Il sospetto tornò e si ritirò nonostante i gesti fossero gentili e i sorrisi caldi ed invitanti.

-Cosa sta succedendo qui? Chi siete? Per chi lavorate?

La ragazza teneva in mano due calici, li riempì di spumante e gliene porse uno.

-Siamo qui per cambiare la tua vita. Chi ci ha mandato crede molto in te, nelle tue potenzialità.

-Allora oltre ad essere l'unico probabilmente ha anche qualche rotella fuori posto.- accettò il bicchiere e bevve quasi sicuro che fosse avvelenato. La sua vista non vacillò anzi inquadrò le ragazze che, lasciato il loro sedile, si erano sistemate vicino a lui. Una lo imboccava con una tartina, l'altra spiegò.

-Lavoriamo per un gruppo molto importante.

-Quando dici gruppo intendi qualcosa di illegale vero?

-Si, viene considerato in questo modo anche se il suo scopo è semplicemente il progresso. Un miglioramento dell'umanità che si può raggiungere attraverso la scienza e la magia.

-Ci sto capendo sempre meno? Non potete dirmi chi siete?

Gli sorrisero entrambe e lui, circondato da tali bellezze, non sapeva più dove guardare. Passava dagli occhi neri di una a quelli marroni dell'altra, dalle labbra pronunciate e rosse della mora a quelle minute e affilate della bionda.

I loro decoltè evidenziavano da una parte un seno generoso e materno e dall'altra un davanzale più contenuto, ma impreziosito da due capezzoli che erano sul punto di bucare l'abito attillato. E poi c'erano le gambe: entrambe avevano dei sinuosi trampoli.

-Non mi volete proprio dire nulla?

-Saprai tutto quando arriveremo a destinazione il nostro capo ci ha solo raccomandato di trattarti nel modo migliore. Lo avremmo fatto comunque, per noi tu sei una leggenda un uomo il cui genio è sempre stato sottovalutato e limitato da obiettivi non alla sua altezza.

L'altra avvicinando una ciliegia alle sue labbra aggiunse.

-Potevi vendere i brevetti della tua super colla e guadagnare un sacco di soldi dallo sfruttamento dei diritti, perchè non l'hai fatto e hai preferito intraprendere una carriera criminale senza futuro? Il professore di super criminologia non è mai riuscito a spiegarlo.

-Mi lusinga di essere a mia insaputa una materia di studio. Potrei dire a mia discolpa che come spesso succede sono state le cattive compagnie a portarmi sulla strada sbagliata. In effetti da un gruppo che si chiamava i Terribili Quattro dovevo aspettarmi che non arrivasse niente di buono.

Era riuscito a fare una battuta su quel passato che fino a poche ore prima non aveva fatto altro che tormentarlo. L'auto ironia era il primo passo per il suo recupero. Non poteva negare che la situazione inaspettata, sentire le mani di seta delle donne su di lui lo aiutava a vedere finalmente uno spiraglio di luce nel suo futuro. Fuori pioveva ma dentro di lui iniziava a splendere il sole. Ovvio che il vecchio Pete non era stato eliminato del tutto e quella parte di se suonava un campanello nella sua testa e così si trovò a guardare quelle ragazze in modo sospetto. Ammise con la sua tipica titubanza.

-E' tutto così strano. Vengo rimesso in libertà perchè secondo il sistema non sono nemmeno più degno come minaccia. Viene certificata la mia nullità e nello stesso giorno finisco in questa limousine con voi che mi parlate di qualcuno che vuole che lavori con lui. Comincio a credere che voi non esistiate. La verità è che lì sulla banchina sono inciampato e ho sbattuto la testa. Sono lì in terra bersagliato dalla pioggia e questo è tutto un sogno.

-E' tutto vero, tocca con mano quanto può essere bella la realtà.

La mora accompagnò la sua destra sul seno fino al punto in cui poteva sentire battere il suo cuore.

-Non ti stiamo ingannando ne blandendo. Per quanto mi riguarda sei sempre stato un'ispirazione per me e questo vale per la mia compagna e le altre reclute del progetto.

-Ispirazione per delle Escort?- chiese senza rendersi conto di quanto suonasse male quella frase.

-Non siamo escort, ma agenti segreti.- si ritirò indispettita e Peter maledì la sua capacità di rovinare qualsiasi cosa bella che gli capitava.

-Scusa ma devi capirmi, dovete capirmi, sono assai confuso...- si bloccò subito accorgendosi che stava mettendo il disco di prima e anche se non avrebbe voluto dirlo azzardò -non è che avete sbagliato persona? Anzi è sicuramente così. Queste cose non capitano mai a quelli come me.

-No tu sei il nostro adorabile Pete.- la bionda gli accarezzò la pelata, mentre l'altra iniziò a sbottonargli i pantaloni.

-Abbiamo ancora un po' di tempo prima di arrivare a destinazione e sono sicuro che un uomo intelligente come te saprà di certo che una bocca non è fatta solo per parlare.- era malizia allo stato puro. Una voce che ti faceva levitare e così si sentiva Pete: strappato dalle sue miserie e proiettato in un sogno, così rapito da non rendersi nemmeno conto di quello che stava succedendo.

 

***

 

Peter era al buio e cercava le pareti della stanza dove era stato rinchiuso. Brancolava nelle tenebre, per quanto si muovesse non trovava altro che vuoto.

Ripensò alla limo e alle ragazze che lo avevano accompagnato davanti alla porta dietro la quale lo aspettava il suo futuro. Era ritagliata su un muro, in un vicolo che non aveva nulla di misterioso. Una volta aperta gli avevano detto di entrare e lui l'aveva fatto. Stava aspettando qualcuno? Le due ragazze non avevano parlato di questo, non avevano detto nulla solo che doveva entrare in quella stanza.

-Pete ci sei cascato di nuovo. Al meno questa volta hai rimediato un pompino.- disse tra se. Ma perché quel trattamento extra lusso solo per attirarlo in una trappola come quella? Non aveva senso.

Si fermò con la sensazione che quel posto non avesse mura, che fosse infinito. E lui era bloccato lì a pensare al perché di quella situazione.

-Sembravano sincere, ma quando mai lo sono due donne come quelle con uno come me. Mi sono fatto fregare.

Pensò anche a chi ci potesse esserci dietro a quell'inganno. Far lavorare il cervello lo aiutava a non focalizzarsi sulla situazione apparentemente senza via d'uscita.

-Hanno parlato di un gruppo criminale. Hanno detto di essere degli agenti segreti. Tralasciando le organizzazioni dei buoni rimangono quelle dei cattivi e non sono certe poche. E poi cosa c'entra la scienza e la magia, chi potrebbe unire le due cose? Sono stato l'unico ad essere catturato? Ci sono forse, in altre stanze come questa, i miei compagni dei terribili quattro?

Non lo aiutava molto dare libero sfogo ai pensieri, tornò quindi a muoversi al buio misurando con i passi le possibili distanze di quel posto.

-Dodici passi e ancora niente, e in tutte le direzioni ammesso che non sia sempre andato in una soltanto. Odio questo buio- l'ultima cosa la gridò dentro di se.

-E se mi lasciassero qui a morire di fame e di sete? E se fosse una prova? Se mi stimano come mi hanno detto magari si aspettano che esca di qui, che trovi il modo di farlo.

Lasciato perdere il “dove”, incapace di trovare un “perché” si mise a riflettere sul “come” ne sarebbe uscito. Ovviamente non aveva nulla con se. Infilò le mani nelle tasche.

-Mi hanno lasciato qualcosa?- frugò senza trovare nulla.

Avrebbe voluto urlare chiedere perché fosse lì, ma non lo fece.

-Farei il loro gioco a dare di matto. Non so nemmeno se ci sono mura contro cui sbattere la testa. Perché sono salito su quella dannata Limo?

In quel momento non riusciva a ragionare in modo logico. Il buio fitto senza spiragli gli aveva tolto ogni certezza, proprio come aveva fatto con la luce.

La felicità era stata effimera e l'aveva pagata a caro prezzo. Sotto i suoi piedi c'era un pavimento, si abbassò e si sedette. In quel momento con il rumore di un'unghia sulla lavagna iniziò a formarsi una linea di luce. Era quella del bordo di una porta. Porta che si aprì del tutto investendolo con un chiarore lattiginoso. Si schermò gli occhi e andò verso di essa. La superò trovandosi in un posto strano. Tutto si sarebbe immaginato fuori da quella prigione di buio fuorché uno scenario come quello con pozze d'acqua cristalline, colonne e altari che ricordavano l'antica Grecia.

-Ben arrivato signor Petruski.- il tipo che parlava gli dava le spalle. Stava davanti ad un altare e quando si voltò teneva delle budella in mano.

-Questa è la stanza dei vaticini, qui il passato il presente e il futuro scorrono come fossero un unico fiume. Non si possono anticipare gli eventi senza aver presente quello che c'è stato e quello che sta avvenendo ora.

-Cosa significava quella stanza nera? Lì era come se non ci fosse più il futuro. Mi sono sentito morto.

-Non è rimasto che pochi istanti nella stanza. La veda come una sorta di passaggio. Non è più a New York, ma a Los Angeles anche se qui lo spazio, come noi lo concepiamo, non ha casa.

-Los Angeles? E cosa ci faccio qui? Lei è il capo delle ragazze?

Rimaneva sempre di spalle, ma a Peter non era di certo sfuggito il suo costume. Finalmente sapeva che organizzazione l'aveva reclutato in quel modo poco ortodosso.

-Prima non riuscivo a vederla bene, ero ancora rintronato dal buio. Adesso riconosco la tuta che indossa, lei fa parte dell' A.I.M.

-Diamoci del tu. Hai ragione.- si voltò mostrando il casco da apicultore e una divisa che invece di essere solo gialla aveva anche delle bande viola.

-Non l'A.I.M che immagini e con cui hai avuto a che fare in passato.

-Quelli si occupavano solo di scienza e tecnologia, voi anche di altro. Vedendo questo posto capisco perché la ragazza ha parlato di magia. Onestamente mi è sempre più difficile comprendere cosa vogliate da me, io non sono certo il Dottor Strange.

-Il nostro A.I.M sta per Avanzate Idee Magiche. Tre cose che tu hai dentro di te. Peter noi vogliamo che tu diventi uno dei nostri. Avrai bisogno di un periodo di apprendistato.

-Non sto bene in viola.

-Cerchi di mascherare la paura con dell'ironia fuori luogo. La frequentazione con L'Uomo Ragno non è stata molto salutare.

-Soprattutto per le botte prese e per il dannato odore della sua ragnatela. Ti rimane addosso anche dopo giorni che si è sciolta.

-Abbiamo grandi piani per te. Non dovrai più pensare in piccolo. Sei tu il primo a negarlo, ma un uomo che ha inventato trappole come quelle che hai creato tu, colle e solventi micidiali deve essere considerato una persona di grande interesse e non un pariah abbandonato e sbeffeggiato da tutti.

-Questo discorso me l'hanno già fatto in macchina. Volete che vi venda le formule? La mia è scienza, non magia.

-A quella penseremo noi. Non siamo interessati ad una parte di te ma all'intero. Accetti di far parte della nostra famiglia? Inutile dire che ho già visto come risponderai. L'ho visto in questo tratto di intestino di bue.

-Le budella non mentono. Non sono sicuro di fare la scelta giusta, ma sono curioso di vedere in cosa consiste la vostra organizzazione. Mi metterete nella stessa classe delle due ragazze della Limo?

-Il tuo apprendistato inizia subito. Lavoreremo su di te ad ogni livello dal corpo a, soprattutto, la mente.

 

***

 

-E' arrivato il signor Spector.

-Lo faccia entrare.- disse Mr Mars rivolgendo la voce verso l'interfono. Chiusa la comunicazione si sedette in fondo al grande tavolo che occupava la stanza delle riunioni. Sulla porta campeggiava la “M” del suo nome che in pochi anni era diventata anche il marchio di uno dei colossi industriali del pianeta. Inutile dire che Mr Mars era anche uno degli uomini più ricchi e temuti.

-Non ho ben capito il motivo della visita, immagino che non c'entri la cortesia e il rispetto tra uomini d'affari- la voce di Mars non mostrava variazioni, dritta e pungente. Spector si schiarì la gola.

-Sono qui per conoscerti meglio. Non credo nemmeno ad una parola di quelle che hanno scritto sul Time.

-Uomo dell'anno. Non me l'aspettavo nemmeno io.

-Il tuo arrivo in società e sul mercato è stato travolgente, troppo perché non mi spingesse a fare delle indagini sul tuo conto. Fortunatamente posso contare sull'abilità di un detective speciale.

-Mi lusinga sapere di essere finito nel radar di Marc Spector. Mi chiedo solo se la tua sia legittima curiosità verso un possibile agguerrito concorrente o piuttosto quella che in gergo meno tecnico viene chiamata invidia del pene.

Mark coprì la distanza che lo separava da lui e quando gli fu vicino, si sedette su una delle poltrone e arricciò il naso.

-Mars so chi sei. Quello che mi chiedo è come hai fatto a tenerlo nascosto per così tanto tempo.

-E chi sarei Spector? Posso sapere a che conclusioni è giunto il tuo detective?

-Partiamo dal nome. Emerald Mars non è quello vero. Con una faccia come la tua sta meglio Peter, non trovi?

-Minacci sempre i tuoi avversari o devo essere onorato per il trattamento speciale?

-Paura della verità?

-L'unico che deve aver paura qui sei tu Spector. Stai giocando fuori casa.

-Ecco perché mi sono portato qualcuno che mi copra le spalle.

La finestra esplose alle sue spalle. Una figura poderosa con un mantello l'aveva sfondata e adesso stava in piedi vicino a lui, mentre i vetri finivano di tintinnare sul pavimento. Il disegno di una luna risaltava sul suo costume. Mars cercò degli occhi, ma trovò solo il nero di un cappuccio.

-Ti presento Moon Knight. E' venuto a toglierti la maschera.

Mars non si scompose. Non proferì parole di sfida, pronunciò una formula. Di colpo le sue mani e il suo corpo si coprirono con una sostanza che si solidificò intorno a lui formando un costume. Creò anche delle pistole che tolse dalle fondine ai lati della cintura.

-Gli risparmio il disturbo.

Spector si allontanò.

-Trapster sei finito. Puoi aver reso più sofisticate le tue trappole, essere diventato uno spietato bastardo, ma hai commesso l'errore di farti notare troppo.

-E così dopo aver fiutato la pista hai pensato bene di sguinzagliarmi contro il tuo cane bianco.

-So che ci sei tu dietro la morte dei Night Shift e di alcuni dei Vendicatori della Costa Ovest.

-Avevo bisogno di sfogarmi. Moon Knight era sulla lista. Ti ringrazierò personalmente con una bara di colla acida per avermelo servito su un piatto d'argento.

-Perché quegli omicidi? Non sei mai stato un assassino.

-Ero solo un fallito giusto? Un simpatico fallito. Trapster non c'è più. Dopo aver venduto i miei brevetti ed essere diventato quello che sono non mi bastava comprarmi un'identità nuova per cancellare per sempre il mio passato, dovevo sporcarmi le mani. Uccidere quegli eroi mi sta aiutando. Con il tempo passerò anche alle vendette che più mi stanno a cuore. Ovviamente per fare questo dovrò riempire la vostra bocca e i vostri polmoni di colla.- parlava veloce e mentre lo faceva preparava le sue armi.

Moon Knight attaccò per primo. Errore fatale visto che si trovò incollato contro la parete. Spector non poteva credere alla rapidità d'azione di Mars. Moon Knight iniziò a gridare mentre il collante che lo imprigionava liberava l'acido.

Sentiva i polsi e le caviglie sciogliersi. Spector sarebbe corso ad aiutarlo se i suoi piedi fossero stati liberi e non dentro un globo di colla a presa rapida.

Peter soffiò sulle sue pistole e pronunciò un'altra formula. La colla iniziò a ribollire e a salire lungo le gambe di Spector. In breve tempo lo avvolse tutto in una bara simile all'ambra in cui si imprigionano gli insetti. Mars bussò su quella superficie dura e guardò Spector con la bocca spalancata e gli occhi di chi stava per perdere l'ultimo respiro.

Solo le urla di Moon Knight lo disturbavano mentre guardava Spector dimenarsi battendo inutilmente i pugni contro la sua prigione. Si spense lentamente mentre lui si rivolse a Moon Knight. Ancora prigioniero l'eroe non poté evitare un secondo cappuccio di colla.

-Trovo che soffocare la gente abbia qualcosa che potrei definire erotico. Certo è stato più piacevole farlo con Falena e She Hulk ma, sarà l'ebrezza dell'omicidio, non sono nemmeno immune a dei pettorali scolpiti.- mise la mano sulla luna di Moon Knight. Dai guanti uscirono degli aghi di colla rappresa. Erano affilatissimi. Bisturi terribili con cui iniziò una serie di incisioni. Strappò una luna di carne. Moon Knight svenne solo quando la libbra era nella sua mano artigliata.

-Ora capisco come doveva sentirsi Shylock

 

***

 

Presente. Base dell' A.I.magiche. Los Angeles

 

La debole scossa servì a far aprire gli occhi a Peter. Il tempo nella camera di autostima era finito. Il cilindro di stasi si aprì con un fischio e lentamente il criminale uscì dal suo letto dei sogni possibili.

Aveva in bocca il sapore del liquido speciale in cui era stato immerso, una specie di bagno proteico che serviva a stimolare il cervello e il corpo. Cominciava a piacergli, ma più di quello era il gusto dolce della vendetta virtuale a tonificarlo e a renderlo un uomo più deciso, pronto e migliore.

Uscì dalla vasca gocciolando un po' di quella sostanza verde lievemente luminescente sul pavimento. La porta del laboratorio si mosse in modo impercettibile e lui non se ne accorse. Sentì un brivido sulla pelle e pensò che fosse colpa dei ventilatori, non pensava certo che quello spiffero di li ad un battito di ciglia sarebbe diventato Speed Demon.

-Stai cercando questo?- disse il velocista porgendogli un asciugamano che ancora vibrava per la velocità del gesto.

-Non ne ho bisogno.- rispose senza scomporsi. Aveva assorbito la sorpresa e adesso stava andando verso uno dei ripiani d'acciaio per prendere qualcosa.

-Lo sai che sei nudo come un verme?

-Ho appena fatto un bagno di autostima. Il nudismo rafforza il mio io. Non mi vergogno più di nulla. Posso sapere cosa ci fai qui Speed Demon, a parte interrompere la mia privacy? - lo chiese, mentre versava dentro un bicchiere del liquido gelatinoso.

-Ti porto un messaggio da parte del mio capo, qualcuno che voi dell' A.I.Magiche conoscete bene.- si bloccò- sicuro che non puoi fare uno strappo alla regola ed indossare dei pantaloni?

-Da come guardi una certa parte anatomica del mio corpo deduco che in questa stanza non sono io ad avere i complessi maggiori. La camera dell'autostima fa miracoli anche per l'insoddisfazione sessuale.- iniziò a trangugiare quello strano frullato.

-Fai come vuoi. Farò più in fretta possibile. Quando mi hanno detto chi era il nuovo capo qui non ci credevo. Sei diverso...

-Non fare quel nome. Adesso sono Alfa.

-Alfa ok, cosa stai buttando giù?

-Estratto di cellule cerebrali mescolato con sperma di diversi animali selvaggi. E' una ricetta di Kraven. Vuoi assaggiare?

-No grazie- trattenne un moto di fastidio poi il velocista continuò- il mio capo voleva informarti che non ha più intenzione di aspettarvi, state ritardando troppo “l'estrazione”. Il suo piano invece è quasi al culmine quindi il succo...- distolse lo sguardo, mentre Alfa si puliva la bocca da qualcosa di bianco- è che da adesso in poi ognuno pensa a se stesso e vinca chi avrà la fine del mondo migliore. Le parole erano diverse più serie, ma non cambiano la questione.

-Prendo atto della sua decisione. So che è dovuta all'incompetenza del mio predecessore, ma non è nella mia nuova natura chiedere che ci ripensi. Non pregherò più nessuno. E' evidente che se dovesse emergere che il suo piano possa interferire con il nostro non mi farò nessuno scrupolo ad usare tutte le forze a mia disposizione per impedire che questo accada.

-Ci stai minacciando uomo nudo? Credo che il tuo bagnetto ti abbia dato alla testa. Ti rendi conto che nel tempo che tu ci metti a morderti un labbro io potrei spezzarti il collo?

-Anche se non sembra sono armato.

-Non voglio sapere dove tieni i tuoi assi. Il mio era un avvertimento, una minaccia tanto quanto la tua.

-La mia non era una minaccia.

Rimase fermo a guardarlo a sfidare gli occhi rossi che non erano nascosti dalla maschera. Speed Demon intendeva dargli una lezione. Non poteva credere che fosse così stupido da pensare di potercela fare contro qualcuno il cui potere era stata potenziato dallo stesso inferno.

Vibrò un pugno verso Alfa e con sua sorpresa il capo dell' A.I.M bloccò il colpo e poi con ne assestò uno a sua volta che spedì Speed Demon contro uno dei ripiani.

-Come hai fatto?

-Te l'ho detto il frullato fa miracoli.

Solo a quel punto Speed Demon si accorse che non aveva più i suoi poteri. Scuoteva le mani ma invece di vederle sparire in una vibrazione colorata come i suoi guanti si comportavano come quelle di un uomo normale.

-Cosa hai fatto?

-Quando sono andato a versarmi da bere ho attivato il sistema di inibizione magica tecnologica. Ce n'è uno in ogni stanza. L'ultimo modello lo abbiamo migliorato grazie ai consigli di un tipo che visti i tuoi nuovi sulfurei poteri dovresti conoscere bene.

-Rivoglio i miei poteri.

-Torneranno quando te ne sarai andato da qui, sfortunatamente dovrai fartela a piedi come un uomo normale. Ti farà bene ripensare, mentre cammini, a quello che puoi perdere. La cosa vale per te come per i tuoi colleghi e il tuo capo. Siete avvisati. Quella è la porta...

Speed Demon quasi non riusciva a muovere le gambe, era da parecchio che ricorreva quasi completamente alla sua velocità. Si sentiva come un infermo che viveva l'incubo della riabilitazione.

-Vuoi una mano.

Non disse nulla ed uscì e lentamente, passo dopo passo, attraversò il corridoio.

-La seduta è andata divinamene.- sorrise Alfa, mentre tornava al cilindro.

-Dovrò riflettere anche sullo scenario proposto dal computer. Devo lavorare perchè ci sia un maggiore realismo.- aprì uno scomparto sotto il cilindro e prese la sua divisa da Alfa.- E' importante perchè le sensazioni date dalle vittorie virtuali siano le più genuine possibili. Ecco perchè non ci possono essere dei bug come quello di vedere Moon Knight e l'imprenditore Marc Spector nella stessa situazione. Non serve un cervellone per capire che tra di loro non ci sono collegamenti.- finì di vestirsi chiuse le luci con un comando vocale e lascio la camera dell'autostima.

 

Continua...

 

Note.

(1)Lo scontro tra Occhio di Falco detenuto in attesa di giudizio e il gruppo di Tagliagole lo vedrete sul numero nome della serie dell'arciere.